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10-10-2007
L’ANABIC
(Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani da Carne)
vuole fare chiarezza sulla truffa delle false chianine.
Il passo successivo, per una maggiore tutela di allevatori e consumatori,
è quello di attivare la tracciabilità genetica
PERUGIA - C’è preoccupazione, ma soprattutto volontà di fare chiarezza, da parte dell’ANABIC (Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani da Carne, con sede a San Martino in Colle di Perugia, che ha tra gli obiettivi quelli di promuovere e attuare il miglioramento, la valorizzazione e la diffusione delle razze bovine autoctone italiane) per l’immagine della chianina, colpita dalla recente vicenda giudiziaria relativa alla truffa delle false chianine.
L’importante inchiesta del Nas dei Carabinieri di Perugia sulla compravendita di bovini di falsa razza chianina dovrà, dunque, accertare tutte le responsabilità del caso.
Ma per il presidente dell’ANABIC Fausto Luchetti occorre sottolineare fin da subito alcuni aspetti. “La vera chianina certificata – spiega Luchetti – è quella contraddistinta dal marchio IGP. C’è infatti un tipo di chianina che, pur chiamandosi così, non è iscritta al libro genealogico e che quindi non rientra tra quella certificabile IGP. Le attuali norme possono prevedere un tipo genetico, non iscritto, ma che si può chiamare chianina. Ed è proprio su questa tipologia che si è probabilmente organizzata la truffa, perché non ha i controlli che invece si hanno per quella iscritta al libro genealogico”.
La chianina certificata IGP è sottoposta a maggiori verifiche e più difficilmente può essere soggetta a truffe di questo tipo. Ma attraverso la tracciabilità genetica si può fare un ulteriore passo avanti per garantire qualità e sicurezza. “Nell’ambito dei controlli che vengono fatti attualmente sugli allevamenti ai fini della tenuta del Libro Genealogico– afferma Luchetti – dovrà essere inserito al più presto anche il prelievo e lo stoccaggio del campione biologico di ogni animale iscritto per creare una banca del dna del Libro Genealogico. Attualmente questo viene fatto solo per i riproduttori, ma è arrivato il momento di estenderlo a tutti i soggetti”.
“Anche per il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali c’è tutto l’interesse di fare chiarezza – aggiunge Luchetti – e per questo gli chiederemo il sostegno per poter partire con il prelievo e lo stoccaggio del materiale biologico”. Tutto ciò permetterà, sfruttando l’unicità dell’informazione genetica propria di ogni animale, di verificare la corrispondenza tra le carni e gli animali dai quali esse provengono per una completa tutela dell’allevatore e del consumatore.
La chianina è infatti una razza da carne che nel corso dei secoli ha sviluppato peculiari caratteristiche morfologiche, fisiologiche e produttive che la rendono unica al mondo. Se a questo si aggiunge un patrimonio genetico raro, è evidente come la Chianina sia realmente una ricchezza collettiva, dei suoi allevatori, degli Enti istituzionalmente preposti alla sua tutela e perfino dei suoi consumatori che sanno di trovare in questa carne particolari e preziose caratteristiche.
E in Italia la Chianina, con 42.000 capi (cresciuti costantemente dal 2000 ad oggi) e con 1.350 allevamenti in totale, dimostra anche con i numeri la sua progressiva diffusione e il forte radicamento territoriale. Nel corso degli anni è stato fatto, per garantirne la qualità, un lavoro importante attraverso il miglioramento genetico del bestiame e la valorizzazione delle produzioni, che va difeso dalle conseguenze di azioni illegali messe in atto da pochi individui che agiscono ai margini del mondo allevatoriale, anche con nuove e più efficaci modalità di intervento.